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Sarebbe utopistico pensare che nella scuola italiana, per com’è strutturata oggi, ci sia spazio per insegnare, oltre alla parte prettamente formale, anche la parte filosofica ed epistemologica della matematica. Basta leggere i programmi ministeriali per rendersene conto.
Personalmente ritengo che questo modo di fare matematica sia molto riduttivo e deleterio, non solo per gli studenti, ma anche per un paese che, in questo modo, crea a priori una selezione intellettuale netta tra chi manifesta, nei primi anni della scuola media, una spiccata intelligenza logica (la minoranza) e tutti gli altri.
Ma non è questo il luogo per descrivere come, dal mio punto di vista, sarebbe più educativo e culturalmente utile insegnare matematica nella scuola superiore; in questo blog spero di riuscire a spiegare come, secondo il mio parere, sia utile sfruttare quella percentuale di ore di lezione che il docente può utilizzare a sua discrezione per trattare quegli argomenti epistemologici che ritiene più opportuni.
L’epistemologia non solo ha il merito di motivare l’utilizzo delle tecniche matematiche, ma appassiona anche gli studenti, perché da’ loro la possibilità di inquadrare storicamente e logicamente formule e formalismi propri della materia. Per esempio, spiegare le proprietà dei logaritmi, omettendo chi e perché li ha inventati, permette ugualmente allo studente di impararli, ma gli si nega di comprendere le motivazioni pratiche che ne hanno richiesto l’uso. A me capitava, quando studiavo, di chiedermi:” Ma perché il tal matematico si è alzato quella mattina e si è inventato tale funzione? Ma a cosa serve?” Queste domande se le fanno spesso gli studenti: non bisogna pensare che gli alunni siano contenitori che non si pongono domande. Sono loro i primi a chiedersi il perché; allora, per quale motivo non dobbiamo colmare le loro richieste, dimostrando che tutto ciò che viene insegnato loro ha un preciso motivo e una specificità propria?
Personalmente ritengo che questo modo di fare matematica sia molto riduttivo e deleterio, non solo per gli studenti, ma anche per un paese che, in questo modo, crea a priori una selezione intellettuale netta tra chi manifesta, nei primi anni della scuola media, una spiccata intelligenza logica (la minoranza) e tutti gli altri.
Ma non è questo il luogo per descrivere come, dal mio punto di vista, sarebbe più educativo e culturalmente utile insegnare matematica nella scuola superiore; in questo blog spero di riuscire a spiegare come, secondo il mio parere, sia utile sfruttare quella percentuale di ore di lezione che il docente può utilizzare a sua discrezione per trattare quegli argomenti epistemologici che ritiene più opportuni.
L’epistemologia non solo ha il merito di motivare l’utilizzo delle tecniche matematiche, ma appassiona anche gli studenti, perché da’ loro la possibilità di inquadrare storicamente e logicamente formule e formalismi propri della materia. Per esempio, spiegare le proprietà dei logaritmi, omettendo chi e perché li ha inventati, permette ugualmente allo studente di impararli, ma gli si nega di comprendere le motivazioni pratiche che ne hanno richiesto l’uso. A me capitava, quando studiavo, di chiedermi:” Ma perché il tal matematico si è alzato quella mattina e si è inventato tale funzione? Ma a cosa serve?” Queste domande se le fanno spesso gli studenti: non bisogna pensare che gli alunni siano contenitori che non si pongono domande. Sono loro i primi a chiedersi il perché; allora, per quale motivo non dobbiamo colmare le loro richieste, dimostrando che tutto ciò che viene insegnato loro ha un preciso motivo e una specificità propria?

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