martedì 23 ottobre 2007

Il paradosso di Zenone, ovvero Achille e la tartaruga

1- Classe cui è diretta l’U.D.
Il paradosso di Zenone è finalizzato alla spiegazione delle serie a termini positivi convergenti, obiettivo inserito nella programmazione annuale della classe IV di un Istituto Tecnico Commerciale o in una classe V di un Liceo Scientifico.

2- Finalità
Con l’insegnamento di questa unità didattica si vuole che lo studente :
- rilevi i collegamenti esistenti tra i concetti matematici teorici dello studio delle serie e le motivazioni storiche e logiche che hanno portato alla scoperta del paradosso;
- impari a ragionare anche in termini di infinito;
- sviluppi il proprio senso critico.


3- Tempi
L’unità didattica richiede un tempo di svolgimento di 2 ore.


4- Argomento trattato
Uno dei paradossi più famosi, sia in filosofia che in matematica, è quello di Zenone
, che può essere spiegato in questi termini.
Supponiamo di far fare una gara di corsa con due soli partecipanti: il pelide Achille, l’uomo più veloce del mondo secondo la mitologia greca, e una tartaruga. Achille, in maniera più canzonatoria che magnanima, offre alla povera tartaruga un vantaggio di m metri. Se i corridori partono allo stesso tempo t, chi dei due taglierà per primo la linea d’arrivo?
Nessuno di noi avrebbe alcun dubbio a riguardo: il buon senso ci dice che Achille vincerà la gara senza sforzo alcuno, che sarà lui ad arrivare primo.
Ma Zenone ci dimostra il contrario:

“Secondo è l’argomento detto Achille. Questo sostiene che il più lento non
sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce. Infatti è necessario che chi insegue giunga in precedenza là di dove si mosse chi fugge, di modo che necessariamente il più lento avrà sempre un qualche vantaggio. Questo ragionamento è lo stesso di quello della dicotomia […]” Aristotele, Fisica, VI, 9.

Ipotizziamo che Achille sia 10 volte più veloce della tartaruga e che quest’ultima parta con un vantaggio di 100 metri; ora, mentre Achille avanza di 100 metri in un tempo t, la tartaruga si sarà portata avanti di 10 metri nel medesimo t. Achille a questo punto per raggiungere la tartaruga dovrà colmare questa nuova distanza: ma in questo lasso di tempo la tartaruga sarà avanzata di 1 metro; e quando Achille avrà superato questo nuovo distacco, la tartaruga sarà avanzata di 0,1 metri e così via all’infinito. Questo significa che Achille non potrà mai raggiungere la tartaruga.
Da un punto di vista logico questo ragionamento non sembra fare una grinza; in realtà si giunge ad una tesi errata in quanto l’ipotesi fatta è in se stessa fallace.
Ci sono voluti quasi duemila anni affinché filosofi e matematici dessero una risposta soddisfacente a questo paradosso. Questa scoperta venne fatta solo dopo la fine dell’800; fu proprio grazie al paradosso di Zenone che i matematici concepirono l’idea delle serie infinite convergenti, e giunsero in breve tempo a dimostrare che una serie numerica, nonostante la sua infinità di addendi, può convergere ad un numero finito, cioè

Nel caso specifico dell’esempio precedente bisogna risolvere la seguente somma:

100+10+1+1/10+1/100+....=100(1+1/10+1/100+...)

quindi risolvere la seguente serie:

Questa serie è convergente, essendo n>1, in quanto serie geometrica di ragione q, con q compreso tra (-1,1).
Ciò dimostra dunque che in realtà Achille supererà la tartaruga ad un determinato t in quanto risulta finita la distanza che Achille dovrà percorrere per raggiungere la tartaruga, e di conseguenza risulta pure finito il tempo che il mitico Piè veloce impiegherà per sorpassare l’umile tartaruga. Infatti, dopo metri ad un certo tempo t1, Achille avrà raggiunto la tartaruga e da questo momento in poi l’avrà definitivamente superata.


Paul Valèry scrisse, in merito a questo paradosso:

« Zénon! Cruel Zénon! Zénon d’Elée!
M’as-tu percé de cette fléche ailée
Qui vibre, vole, et qui ne vole pas !
Le son m’enfante et la fléche me tue !
Ah ! le soleil... Quelle ombre de tortue
Pour l’âme, Achille immobile á grands pas ! »
[1]
Non concordo con i detrattori di Zenone, che lo accusano di non essersi reso conto che la somma di infiniti segmenti può benissimo essere finita; in questo senso acconsento col Prof. Frajese che afferma che non tutti i paradossi sono frutto di scarsa conoscenza: molto spesso costituiscono una dimostrazione per assurdo contro alcune teorie non condivise pienamente; nello specifico Frajese pone Zenone in netta discordanza con la geometria democritea dell’atomismo seguita dai Pitagorici:
“I paradossi di Zenone rientrerebbero quindi nella fase cosiddetta della razionalizzazione della geometria, in cui si passò da una concezione della retta intesa materialmente a un ideale, con il conseguente necessario superamento del ruolo del numero razionale, caro ai Pitagorici che in esso scorgevano una manifestazione dell’armonia dell’universo, mediante l’introduzione di misure irrazionali.”






[1] Zenone! Crudele! Zenone eleata! M’hai tu trafitto con la freccia alata, che vibra, vola, eppure in vol non è! Mi dà il suon vita che la freccia fuga, ah! Questo sole...ombra di tartaruga per l’io, l’ immoto Achille lesto piè!

I paradossi in matematica

Potrebbe essere interessante trattare come tema epistemologico i paradossi matematici. Penso che questo argomento aiuti a sviluppare il senso critico e dimostri agli alunni come la matematica sia una scienza viva e in continua crescita.
E’ bene introdurre l’argomento, in qualsiasi classe si tratti, definendo il paradosso: la parola deriva dal greco παράδοξος (parà e doxa), il cui significato è “essere contrario all’opinione comune”.
Dunque il paradosso si presenta quando si riscontrano fatti, eventi, situazioni che proprio non ci si aspettava di incontrare.
La cultura occidentale, dai primi albori della filosofia greca agli odierni studi informatici, è caratterizzata dalle presenze, spesso ingombranti, di contraddizioni, antinomie, non sensi che hanno generato vere e proprie rivoluzioni nell’ambito di quella scienza in cui venivano riscontrati.
Se volessimo creare la cronologia di questi fenomeni, comunemente chiamati paradossi, dovremmo andare indietro nel tempo fino al V secolo a.C., anno in cui si crede siano nati il paradosso del mentitore e quello di Zenone; da allora sono state riscontrate tantissime contraddizioni logiche negli ambiti di scienze più disparate: dalla logica filosofica, alla matematica, dalla musica all’arte figurativa.
Di esempi se ne possono fornire moltissimi: Eubulide, filosofo greco del VI sec.a.C. scopre una contraddizione logica nella frase “Mento, quando dico di mentire?”; Galileo, intorno al 1630, riscontra contraddizioni di notevole rilevanza nel lavorare con gli insiemi numerici infiniti; ancora, nella metà del ‘700 nella sua Offerta musicale, Bach riesce a musicare un canone eternamente ascendente
[1]; i paradossi della teoria insiemistica cantoriana sono famosi a tutti i matematici per aver generato l’antinomia di Russell e per essere successivamente sfociati nei teoremi di Gödel.
Chiaramente non è possibile presentare in una scuola superiore tutti i paradossi matematici che si sono presentati nell’arco dei secoli; ce ne sono alcuni, però, di grande valenza didattica che analizzerò utilizzando lo schema della unità didattica.








[1] Nell’ Offerta musicale le due voci del coro salgono di tonalità (un’ottava) per sei volte, facendo credere all’orecchio dell’ascoltatore di raggiungere regioni tonali sempre più lontane; Bach invece stupisce paradossalmente l’uditore ristabilendo “magicamente”, al termine della sesta modulazione, la tonalità di partenza.

domenica 21 ottobre 2007

L'epistemologia della matematica


Sarebbe utopistico pensare che nella scuola italiana, per com’è strutturata oggi, ci sia spazio per insegnare, oltre alla parte prettamente formale, anche la parte filosofica ed epistemologica della matematica. Basta leggere i programmi ministeriali per rendersene conto.
Personalmente ritengo che questo modo di fare matematica sia molto riduttivo e deleterio, non solo per gli studenti, ma anche per un paese che, in questo modo, crea a priori una selezione intellettuale netta tra chi manifesta, nei primi anni della scuola media, una spiccata intelligenza logica (la minoranza) e tutti gli altri.
Ma non è questo il luogo per descrivere come, dal mio punto di vista, sarebbe più educativo e culturalmente utile insegnare matematica nella scuola superiore; in questo blog spero di riuscire a spiegare come, secondo il mio parere, sia utile sfruttare quella percentuale di ore di lezione che il docente può utilizzare a sua discrezione per trattare quegli argomenti epistemologici che ritiene più opportuni.
L’epistemologia non solo ha il merito di motivare l’utilizzo delle tecniche matematiche, ma appassiona anche gli studenti, perché da’ loro la possibilità di inquadrare storicamente e logicamente formule e formalismi propri della materia. Per esempio, spiegare le proprietà dei logaritmi, omettendo chi e perché li ha inventati, permette ugualmente allo studente di impararli, ma gli si nega di comprendere le motivazioni pratiche che ne hanno richiesto l’uso. A me capitava, quando studiavo, di chiedermi:” Ma perché il tal matematico si è alzato quella mattina e si è inventato tale funzione? Ma a cosa serve?” Queste domande se le fanno spesso gli studenti: non bisogna pensare che gli alunni siano contenitori che non si pongono domande. Sono loro i primi a chiedersi il perché; allora, per quale motivo non dobbiamo colmare le loro richieste, dimostrando che tutto ciò che viene insegnato loro ha un preciso motivo e una specificità propria?